Pagina 2 di 9 Dei bruchi Redimita di fronde agropungenti - ahi! non d'alloro - la mia Musa canta. Alti cespi d'ortica alzano intorno alle mie carte un cerchio folgorante, mensa ed albergo ai numerosi alunni. Dalle schiuse finestre entra l'Estate; brilla sui campi, sul tripudio verde, puro l'abisso cerulo del cielo. A me dintorno un crepitìo di pioggia fanno le lime assidue infinite degli alunni famelici. Da tempo convivo solo, con la mia brigata. Animarsi dal cumulo dei semi li vidi quasi miglio germinante, piccoli, inermi, sotto tende lievi, in groppo avvinti, trarre i giorni primi. Volsero i giorni, crebbero gli alunni; per ben tre volte usciti di se stessi tre volte tanto apparvero voraci. Or fatti pesi, flettono le cime della mia selva, ammantano le foglie con loro mole fosca, irta di punte. Inorridite? Nulla v'ha d'orrendo per chi fissa le linee le tinte con occhi nuovi, sempre bene aperti. Meditiamo i villosi prigionieri senza ribrezzo, con pietà fors'anco, se pietà di lor vita oscura e prona non dileguasse la speranza certa: il guiderdone del risveglio alato. Tratto ad inganno un bruco, ecco, abbandona l'ospiti foglie, segue la mia mano: considerate senza abbrividire quanta pose Natura intorno a lui, dotta nei suoi lavori, intima cura! E quanti occhi gli diede a che d'intorno scorger potesse in ogni dove e quante ha per muoversi zampe e varie: alcune squammose adunche forti, zampe vere della farfalla apparitura: alcune brevi aderenti flaccide contrattili: atte al passo del bruco sulle foglie, come ginnasta bene assicurato. Mirabile è la bocca, ordigno armato d'acute lime in gemina ordinanza. Concavo un labbro chiude nell'incavo il margine fogliare che due salde mandibole con moto orrizzontale tagliano a scatto, in guisa di cesoja. Sotto queste maggiori altre minori mandibole triturano le fibre, quattro palpi n'adunano il tritume; tra quelli e queste un foro sericìparo svolge all'aria un sottil filo di seta. Ma piaccia a voi questo cristallo terso all'occhio intento sottoporre, mentre con lama breve, dentro chiara coppa, la necessaria vittima divido. Come in un bosco l'intrecciata massa di rami e ramuscei fende le nubi, così, ma con più bello ordin, vedete quale per lungo dell'aperto dorso va di tremila muscoli la selva: ecco il sangue che scorre i molti vasi di rete in guisa da Natura orditi e le vie mirabili dell'aria ad ogni nodo rinnovate e il cuore come collana multipla che pulsa del corpo in ogni dove e i molti ventri e del dorso la spina in tanti nodi divisa e l'ammirabile del capo figura interïor eccovi aperta. Questo - benché più delicato ordigno offra il bombice industre - è il laberinto misterïoso della seta fusa. Discende il vaso dall'estrema bocca, come fiume che va, poi si biparte; dall'una e l'altra banda i rami pari s'avvolgono ai precordi intimi e dove l'uno si fa maggior pur l'altro è tale; poi, quasi giunti al fin, piegano e al capo ascendono e giù tornano ed ascendono, elaborato alfin recano al labbro l'umor tenace che diventa seta; non altrimenti il sangue dei vulcani s'addensa all'aria in rivoli di lava. Ma, oimè, che vedo? Addormentata quasi, esanimi gli sguardi, con la mano un mal frenate languido sbadiglio! Che più? Si tace il crepitìo di pioggia: i bruchi alunni in vario atteggiamento mi stanno intorno addormentati tutti mirabilmente! Vince Anatomia le droghe oppiate dell'Arabia estrema. Amica sonnacchiosa e perdonate, voi nata al sogno libero e alla grazia, perdonate la Musa pazïente osservatrice. Ben s'addice al lento trasmutare dei bruchi prigionieri; più tardi, al tempo del risveglio alato, anch'essa certo spiegherà nei cieli l'ali del sogno per seguirli a volo. Eccoli intanto, bruchi tuttavia, stinto il velluto, tumefatti i nodi, eretto il capo immobile, le zampe fisse alle foglie da sottili bave, giacersi infermi nella sesta muta. Per tutto un giorno in torpida quiete uno spasimo ignoto li tormenta: essere un altro, uscire di se stessi! Uscire di se stessi! E li vedete or gonfiarsi, or contrarsi, ora dibattersi, or delle membra tremule far arco, fin che sul terzo nodo ecco si fende l'antica spoglia e sul velluto stinto vivida splende la divisa nuova. Ed uno appare in due e due in uno, ma già l'infermo tutto si distorce, come da un casco liberando il capo dal capo antico, dalle antiche zampe le antiche zampe liberando, lento movendo già, lasciandosi alle spalle quegli che fu, come guaina floscia.
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